Introduzione e problematica generale
La fibromialgia (FM) è una sindrome dolorosa cronica frequente, che colpisce soprattutto la donna. Essa ha come caratteristica principale una sintomatologia funzionale ricca che contrasta con un esame clinico poco contributivo. Essa provoca una sofferenza e un’invalidità spesso gravi. L’insufficienza della comprensione dei suoi meccanismi fisiopatologici provoca numerose controversie sulla natura di questi sintomi e sul loro trattamento. Per evitare che questi pazienti vaghino da medico a medico, è necessario riconoscere la loro sofferenza e aiutarli nel loro percorso di cure. Inoltre, la sintomatologia dolorosa si inserisce spesso in un contesto di comorbilità psichiatriche, neurologiche (disturbi del sonno) e dell’obesità, che contribuiscono a rendere complesso l’iter diagnostico e terapeutico. Tuttavia, la loro gestione è necessaria, in quanto esse svolgono verosimilmente un ruolo nel mantenimento o nell’aggravamento dei sintomi. Così, occorre innanzitutto collegare i sintomi dolorosi alla FM, aiutandosi con indagini complementari per la diagnosi differenziale. In seguito, bisogna valutare la ripercussione della FM sulla qualità di vita e sulle capacità funzionali dei pazienti. Infine, occorre valutare la gravità delle comorbilità neuropsichiatriche e proporre un accompagnamento terapeutico per migliorare la qualità di vita e il sentimento di autoefficacia di questi pazienti.
Descrizione
Caratteristiche epidemiologiche
La FM è la patologia dolorosa cronica diffusa più frequente in tutte le regioni e culture del mondo. Essa interessa circa il 2-4% della popolazione generale e il 14% dei pazienti che si presentano a visita in reumatologia, con una predominanza femminile di almeno l’80%. Questa prevalenza ha delle spiegazioni multifattoriali, che si riferiscono allo stesso tempo a esperienze dolorose differenti, di origine psicologica e socioculturale, ma anche a meccanismi di amplificazione e di inibizione neurologiche del dolore che hanno un supporto genetico e ormonale. La maggioranza delle diagnosi è posta prima dei 60 anni, con un picco tra i 40 e i 50 anni. Esistono anche delle forme giovanili che evolvono frequentemente nel quadro di una sindrome di affaticamento cronico che può compromettere il progetto scolastico di questi bambini o adolescenti.
Caratteristiche cliniche
La FM è caratterizzata dall’associazione quasi costante di tre sintomi: dei dolori, una stanchezza generale e dei disturbi del sonno. A questa triade vengono ad aggiungersi spesso dei disturbi cognitivi e, in maniera più incostante, dei sintomi nella sfera otorinolaringoiatrica, digestiva o uroginecologica. In realtà, i pazienti fibromialgici descrivono un’associazione di sintomi multipli che hanno portato a riconsiderare i criteri diagnostici della FM.
Dolori
La FM si presenta soprattutto sotto forma di un quadro doloroso cronico (che evolve da più di tre mesi) e diffuso. L’esordio può essere progressivo o brutale, nei postumi diretti di un trauma (psicologico o fisico) o di una patologia dolorosa cronica preesistente. I dolori, anche se permanenti, fluttuano nel tempo e nello spazio corporeo con una grande variabilità intra- e interindividuale. Essi possono avere una presentazione articolare, muscolare, tendinea o neurologica ed essere isolati o combinati. Questi dolori hanno generalmente una recrudescenza notturna e mattutina, con una sensazione di rigidità che può simulare un reumatismo infiammatorio cronico.
Lo sforzo muscolare aggrava, in genere, i dolori. Spesso, essi si prolungano dopo uno sforzo, potendo persistere più giorni, e l’insieme contribuisce a ridurre l’attività fisica e a favorire i comportamenti sedentari di questi pazienti.
Per contrasto, l’esame neurologico e osteoarticolare di questi pazienti è, il più delle volte, normale al di fuori dell’evidenziazione di punti dolorosi. Questa permette di orientare la diagnosi, in quanto oggettiva un’iperalgesia e/o un’allodinia che riflettono l’origine neurologica centrale del dolore. Sono stati descritti alcuni deficit neurologici, che pongono il problema della diagnosi differenziale ma anche quello delle relazioni con le patologie dolorose locali preesistenti alla FM e il loro ruolo nella cronicizzazione dei dolori.
Stanchezza
Essa fa parte dei sintomi principali della FM ed è presente in più del 90% dei casi. Si tratta di un’astenia generalizzata invalidante quanto dei dolori. Essa limita le attività, in particolare l’attività fisica. Essa è presente fin dal risveglio, per migliorare a volte nella giornata e ricomparire la sera. In linea generale, è correlata alla gravità della FM, inducendo, a volte, un vero e proprio esaurimento dei pazienti. Come il dolore, essa è aggravata dagli stress (psicologici, emotivi, fisici, traumatici, ecc.). Questo sintomo è condiviso con la sindrome di affaticamento cronico e queste due patologie derivano probabilmente da meccanismi fisiopatologici comuni. Questo affaticamento non è associato a un’alterazione dello stato generale, a febbre o a un dimagrimento.
Disturbi del sonno
Essi sono quasi costanti nella FM, caratterizzati dalla presenza di un sonno non restauratore, con, a volte, una ripercussione sulla vigilanza diurna. I pazienti con FM descrivono più frequentemente delle difficoltà all’addormentamento e dei risvegli notturni, che inducono una frammentazione del sonno a volte associata a una sindrome delle gambe senza riposo o a una sindrome delle apnee ostruttive del sonno. Esiste presumibilmente un’interazione bidirezionale tra i disturbi del sonno e il dolore. In effetti, uno studio osservazionale recente di una durata media di 11 anni ha mostrato che le donne che avevano inizialmente dei disturbi del sonno avevano un rischio relativo di 3,4 di sviluppare una FM. Questo rischio era correlato positivamente alla gravità dei disturbi del sonno. D’altra parte, uno studio sperimentale realizzato in soggetti sani ha mostrato che una deprivazione parziale di sonno portava a un abbassamento della soglia dolorosa. Questi lavori suggeriscono che i disturbi del sonno sono coinvolti nello sviluppo a lungo termine dei dolori cronici, così come nel loro aggravamento.
Sintomi diffusi
I pazienti che soffrono di FM lamentano generalmente dei disturbi che interessano la sfera cognitiva e sensoriale, ma anche cefalee tensive, e dolori digestivi e urogenitali. Fra questi, i disturbi cognitivi (soprattutto difficoltà di concentrazione e di memoria) sono spesso segnalati dai pazienti che soffrono di FM, a volte denominati fibrofog. Questi disturbi sono tra i sintomi più invalidanti dopo il dolore, l’affaticamento e i disturbi del sonno e la loro frequenza sarebbe tre volte più elevata nei pazienti che soffrono di FM che nelle altre patologie reumatiche. Inoltre, la loro intensità è correlata alla gravità dell’affaticamento e del dolore. Essi sono spesso accompagnati a sintomi sensoriali, in particolare uditivi, che riguardano i rumori della vita quotidiana. Questa «iperalgesia» uditiva è correlata all’iperalgesia alla pressione in questi pazienti, suggerendo che esiste un’alterazione globale del trattamento delle informazioni sensoriali in questi pazienti.
Ripercussione funzionale della fibromialgia
I pazienti con FM hanno spesso un’alterazione grave della qualità di vita e delle capacità di lavoro, giudicata più importante di quella di altri pazienti affetti da patologie reumatiche croniche come la poliartrite reumatoide o l’artrosi. Così, la FM costituisce un vero e proprio handicap nelle forme più gravi. Il dolore, l’affaticamento, i disturbi del sonno e l’affaticabilità muscolare, ma anche i disturbi cognitivi, contribuiscono non solo a limitare le attività della vita quotidiana e professionale, ma anche all’isolamento sociale di questi pazienti.
La difficoltà di realizzare degli sforzi muscolari è quasi costante. In effetti, numerosi pazienti riferiscono che portare la borsa della spesa (50-90%), salire delle scale (40-50%), camminare (11-29%), correre (60-74%) e lavorare con le braccia alzate (68-99%) sono operazioni difficili o impossibili da realizzare. Sul piano fisiologico, la riduzione della tolleranza allo sforzo è variabile a seconda degli studi, da una parte a causa dell’eterogeneità della gravità della ripercussione e, dall’altra, perché pochi lavori hanno misurato direttamente le capacità aerobie mediante misurazione degli scambi gassosi. Nella nostra esperienza, questa intolleranza allo sforzo è frequente. È possibile che la gravità delle forme cliniche che noi osserviamo sia legata al fatto che il nostro reclutamento ospedaliero seleziona le forme più gravi. L’origine di questa intolleranza sembra complessa. Essa sembra legata soprattutto a un decondizionamento cardiocircolatorio e muscolare nei pazienti che hanno un’attività fisica ridotta spesso associata a un aumento di peso. È possibile che il dolore al momento delle contrazioni muscolari modifichi le risposte cardiocircolatorie, respiratorie e metaboliche indotte dal sistema nervoso centrale.
Aspetti fisiopatologici
Concetto di «sensibilizzazione» centrale
I meccanismi fisiopatologici della FM restano ancora poco noti. Tuttavia, la diffusione dei sintomi dolorosi e la loro associazione a disturbi cognitivi e a disturbi neurovegetativi e/o del sonno evocano una disfunzione diffusa del sistema nervoso centrale, che riflette una verosimile alterazione della regolazione delle vie del dolore, del sonno e della cognizione, ma anche del sistema nervoso autonomo e delle vie neuroendocrine coinvolte nella risposta allo stress.
Peraltro, la FM condivide numerosi punti comuni con altre sindromi a cui è frequentemente associata (colon irritabile, vescica instabile, sindrome di affaticamento cronico, malattie autoimmuni, ecc.), raggruppate sotto la terminologia di sindromi da «sensibilizzazione centrale». Questi termini possono prestarsi a confusione nella misura in cui essi sono stati descritti inizialmente come dei fenomeni di amplificazione dolorosa secondari a delle lesioni midollari o cerebrali. Nel seguito di questo articolo, il termine di «sensibilizzazione centrale» è utilizzato in riferimento alle modificazioni della percezione di fenomeni sensoriali (dolori) dovute a fenomeni di neuroplasticità. La comprensione di questi meccanismi ha un’implicazione pratica nell’approccio diagnostico e terapeutico, in quanto permette di individuare le caratteristiche cliniche che devono far ipotizzare dei dolori per sensibilizzazione centrale e di spiegare l’assenza di efficacia delle terapie abituali.
Elementi clinici a favore di un’origine centrale dei dolori in un paziente che soffre di patologia articolare
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Dolori situati in diverse regioni corporee.
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Lungo passato doloroso cronico.
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Sintomi multipli associati (affaticamento, disturbi cognitivi, disturbi del sonno e dell’umore).
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«Ipersensibilità» sensoriale (uditiva, visiva, olfattiva o viscerale).
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Comparsa in una donna.
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Anamnesi familiare di un quadro doloroso cronico.
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Dolori scatenati o aggravati dai fattori di stress.
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Esame clinico il più delle volte normale al di fuori di una sensibilità anomala al dolore (estensione di una zona dolorosa, allodinia).
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Principali meccanismi di sensibilizzazione centrale del dolore
Le caratteristiche neurofisiologiche dei dolori cronici della FM consistono in un’ipersensibilità anomala al dolore in risposta a stimolazioni nocicettive o meccaniche. I lavori di ricerca animale e umana suggeriscono che esiste una riorganizzazione funzionale e strutturale delle vie di conduzione e di controllo del dolore e dei recettori nocicettivi (fibre c o Aδ) e tattili (Aβ) fino ai centri sottocorticali e corticali di integrazione. Questi meccanismi di sensibilizzazione centrale sono legati a delle modificazioni adattative che si verificano a livello molecolare (recettori), sinaptico, cellulare e delle reti neuronali, generando dei fenomeni di amplificazione del segnale nocicettivo, ma anche di riduzione dei meccanismi inibitori.
Nell’uomo, è possibile riprodurre sperimentalmente un’allodinia e un’iperestesia dopo una stimolazione nocicettiva ripetuta. L’iperestesia è ridotta (ma non l’allodinia) con la somministrazione di un antagonista dei recettori N-metil-D aspartato. Ciò suggerisce il ruolo di questi recettori nello sviluppo dell’iperestesia a livello della trasmissione omosinaptica del corno dorsale midollare, mentre l’allodinia deriva da altri meccanismi. È verosimile che altre strutture siano implicate nella genesi e nel mantenimento dei fenomeni di neuroplasticità midollare, in particolare i recettori per le neurokinine 1 (sostanza P) e le cellule gliali responsabili della secrezione di fattori neurotrofici e di citochine proinfiammatorie. Per quanto riguarda le strutture corticali, degli studi in risonanza magnetica (RM) funzionale di pazienti con FM hanno mostrato un’attivazione anomala (corteccia somatosensoriale, talamo, corteccia cingolata anteriore, insula) in risposta a uno stimolo meccanico. Infine, è stata evidenziata, in pazienti con FM, una riduzione del controllo delle vie discendenti del dolore.
I meccanismi che portano alla cronicizzazione dei dolori restano poco conosciuti, in particolare nei rapporti di temporalità tra la lesione nocicettiva periferica e la riorganizzazione delle strutture corticali. Inoltre, nella FM, lo stimolo nocicettivo periferico è incostantemente presente, mentre un trauma psicologico è, a volte, il solo fattore scatenante dei dolori.
Fibromialgia, dolori cronici e modello biopsicosociale
L’attuale comprensione della fisiopatologia della FM si basa sul modello «biopsicosociale», che considera l’esperienza dolorosa come l’interazione complessa tra dei fenomeni biologici e psicologici e dei fattori socioculturali. Così, la FM potrebbe spiegarsi con delle modificazioni neurobiologiche che insorgono su una vulnerabilità innata o acquisita (fattori genetici, avvenimenti traumatizzanti, condizioni di vita), provocata da eventi traumatici e aggravata o mantenuta da delle lesioni dolorose e certi stati cognitivi e/o comportamenti.
Così, il determinismo genetico sembra importante, poiché il rischio di sviluppare una FM è da sei a otto volte superiore nei parenti di primo grado di pazienti con FM. Sembrerebbero in causa le mutazioni che interessano i recettori β adrenergici o gli enzimi che controllano il metabolismo delle catecolamine.
Parallelamente, il ruolo degli eventi stressanti (fisici, emotivi), in particolare quando si verificano durante l’infanzia, è frequentemente evocato nello sviluppo della FM e delle patologie psichiatriche (sindrome da stress post-traumatico, depressione) alle quali la FM è associata. Questi eventi modificherebbero la plasticità cerebrale a lungo termine, in particolare attraverso l’asse corticotropo. In effetti, questo asse ormonale è implicato nella risposta allo stress, ma anche nella regolazione della plasticità neuronale nelle regioni corticali responsabili degli adattamenti comportamentali, emozionali e della memoria (corteccia prefrontale, amigdale, ippocampo), che sono ricche di recettori mineral- e glucocorticoidi. Degli studi hanno effettivamente mostrato un’alterazione dell’asse corticotropo a riposo e in risposta a uno stress fisico, psicosociale o farmacologico nei pazienti che hanno subito delle violenze durante l’infanzia e nei pazienti con FM. Inoltre, degli studi alla RM hanno mostrato che era presente un assottigliamento della regione della corteccia cerebrale implicata specificamente nei processi percettivi o adattativi legati all’evento traumatico subito. Per esempio, è stata evidenziata una riduzione dello spessore della corteccia sensitivomotoria (proiezione genitale) in donne che avevano subito abusi sessuali, mentre altre regioni corticali erano modificate per altri traumi.
Un evento iniziale (scatenante o precipitante) è dichiarato solo per il 23-66% dei pazienti con FM. Sono stati descritti numerosi eventi, come dei traumi fisici di origine accidentale, delle infezioni virali o batteriche, delle malattie autoimmuni o altre patologie dolorose croniche.
Per quanto riguarda i fattori di mantenimento o aggravanti, l’associazione a una patologia dolorosa cronica (osteoarticolare, digestiva o neurologica) svolge verosimilmente un ruolo importante nella genesi di meccanismi di passaggio alla cronicità attraverso dei fenomeni di sensibilizzazione centrale. Inoltre, alcuni comportamenti e modi cognitivi dei pazienti con FM contribuiscono probabilmente al mantenimento o all’aggravamento dei sintomi dolorosi. Fra questi, sono stati individuati l’ipervigilanza, la scarsa accettazione della malattia e i comportamenti di evitamento del dolore, che rappresentano un rischio di sviluppo di distress psicologico. Il ruolo del «catastrofismo», che può essere definito come un processo cognitivo ed emozionale che amplifica le sensazioni di distress associate alla percezione dolorosa, merita di essere individualizzato nei processi di mantenimento della FM. Così, diversi studi alla RM funzionale hanno mostrato che i soggetti sani o con dolore cronico che hanno dei livelli elevati di «catastrofismo» avevano un aumento dell’attivazione neuronale (in particolare, corteccia prefrontale, insula, amigdala) in risposta a uno stimolo nocicettivo. Queste regioni cerebrali sono coinvolte nelle risposte emotive e motivazionali di fronte all’esperienza dolorosa.
Aspetti diagnostici
Riconoscere la fibromialgia
La diagnosi di FM è spesso ritardata rispetto all’esordio dei sintomi (cinque anni in media) o, addirittura, non posta, nel 75% dei casi. Queste carenze contribuiscono a moltiplicare gli esami complementari, a mantenere il vagabondaggio «medico» dei pazienti e a proporre un accompagnamento terapeutico inadeguato. La diagnosi positiva di FM si basa sull’anamnesi e sull’esame clinico. Gli esami clinici e di laboratorio sono, il più delle volte, normali, contrastando con la ricchezza dei sintomi funzionali. È possibile completare le indagini utilizzando i criteri diagnostici di FM dell’American College of Rheumatology, che sono stati rivisti. Essi consentono di classificare correttamente il 90% dei pazienti con FM mentre il 25% dei pazienti con FM non era classificato correttamente con i criteri del 1990 che si basavano unicamente sulla ricerca di punti dolorosi. È anche possibile utilizzare un breve autoquestionario (Fibromyalgia Rapid Screening Tool), che permette di classificare correttamente l’88% dei pazienti che hanno una sindrome dolorosa cronica con una sensibilità del 90,5% e una specificità dell’86,5%
Diagnosi differenziali e comorbilità
Benché la diagnosi di FM possa essere posta in base all’anamnesi, non è sempre facile escludere delle malattie reumatiche o neurologiche di fronte a dei dolori articolari, tendinei, ma anche muscolari o neuropatici. La FM condivide dei sintomi comuni con queste patologie e può essere loro associata (FM secondaria).
Dolori di origine centrale e malattie reumatiche
Anche l’affaticamento generale e la rigidità mattutina e i disturbi del sonno sono presenti in queste patologie, suggerendo che sono comuni dei meccanismi di sensibilizzazione centrale. Il termine di multimorbilità sarebbe più appropriato nella misura in cui esso permette di focalizzarsi sul paziente piuttosto che sulle patologie che egli presenta. In effetti, la FM è associata, nel 20-50% dei casi, a un reumatismo infiammatorio cronico o a una malattia autoimmune. Uno studio prospettico del 2012 ha mostrato un’incidenza iniziale del 6% di diagnosi di FM in pazienti che soffrono anche di poliartrite reumatoide, con un’incidenza cumulativa a 36 mesi del 9%. I pazienti affetti dalle due patologie avevano dei punteggi di dolore più elevati, una frequenza minore di anticorpi antipeptidi citrullinati e una maggiore componente ansiosodepressiva. Si dimostrano, quindi, necessari degli esami complementari per escludere una patologia infiammatoria. L’associazione tra FM e patologie reumatiche rinvia non solo alla questione della diagnosi, ma anche a quella delle modalità del trattamento del dolore. Infatti, nelle patologie osteoarticolari, che siano infiammatorie o meccaniche, può essere associata una componente centrale del dolore. Ciò spiega perché esista, a volte, una discordanza tra le lesioni riscontrabili (diagnostica per immagini, laboratorio) e l’intensità dei dolori. Ciò spiega anche l’assenza di efficacia dei trattamenti a scopo periferico (per esempio, antinfiammatori non steroidei, trattamento di fondo, bioterapia, chirurgia).
Dolori di origine centrale e malattie neuromuscolari
È ammesso che la normalità dell’esame neurologico dei pazienti affetti da FM, al di fuori dei fenomeni di allodinia e di iperestesia, sia considerata un criterio importante per la diagnosi positiva e differenziale. Tuttavia, uno studio che confrontava dei soggetti FM con dei soggetti privi di dolore ha oggettivato una frequenza più elevata di deficit sensitivi, motori, dei nervi cranici e della deambulazione. Anche se limitato sul piano metodologico, questo studio, come altri, suggerisce che i sintomi a carattere neurologico nella FM possono corrispondere a delle lesioni iniziali (compressione midollare cervicale, sindromi canalicolari, polineuropatie), che si sono secondariamente evolute verso una diffusione dei dolori attraverso dei meccanismi di sensibilizzazione centrale.
Per quanto riguarda le malattie neuromuscolari, abbiamo pubblicato, nel 2012, che la diagnosi differenziale con alcune forme fruste di malattie neuromuscolari poteva essere difficile, poiché gli esami complementari, in particolare l’elettromiografia, possono risultare fallaci. D’altra parte, i dolori, l’affaticamento e l’affaticabilità allo sforzo, frequentemente presenti nelle malattie neuromuscolari, non sono specifici e possono far porre per eccesso la diagnosi di FM. Sono soltanto l’evoluzione o le complicanze a volte gravi che permettono di «riformulare» la diagnosi.
Comorbilità psichiatriche
Uno studio comprendente circa 4 000 coppie di gemelli ha evidenziato una relazione statistica tra sindromi dolorose croniche, affaticamento cronico, depressione grave, disturbi ansiosi e sindrome da stress post-traumatico. La frequenza di queste associazioni era troppo elevata per dipendere dal caso. Esse condividono presumibilmente dei meccanismi fisiopatologici comuni, genetici e ambientali. Nella FM, esiste, infatti, una frequenza aumentata di disturbi depressivi precedenti o attuali (25-72%) e di disturbi ansiosi, o generalizzati o che rientrano nel quadro di una sindrome post-traumatica. Il ruolo scatenante di violenze subite nell’infanzia o in età adulta o di un altro tipo di trauma fisico o di uno shock emotivo è stato discusso.
Benché esista un intreccio tra i disturbi depressivi e i disturbi ansiosi, la FM non può riassumersi a una malattia psichiatrica, né essere caratterizzata da un disturbo della personalità. Tuttavia, la ricerca di comorbilità psichiatriche deve essere realizzata nel paziente con FM, in quanto non solo esse possono svolgere un ruolo aggravante nei dolori, ma potrebbero anche rappresentare un rischio aumentato di mortalità prematura, in particolare per suicidio. Così, nelle forme più gravi o per le quali i tratti ansiosi o depressivi compaiono in primo piano, è necessario un consulto psichiatrico per valutare la gravità e trattare una patologia psichiatrica costituita.
Valutazione dei pazienti che soffrono di fibromialgia
La FM è una sindrome eterogenea tanto nella sua presentazione clinica che nelle ripercussioni delle capacità dei pazienti in termini di attività domestiche e di tempo libero o professionale. Per proporre un accompagnamento terapeutico adeguato, è necessario valutare precedentemente la gravità dei sintomi, la ripercussione sul funzionamento dei pazienti e la gravità delle comorbilità (psichiatriche, cognitive e disturbi del sonno), che possono essere oggetto di una gestione specifica. Questa valutazione richiede idealmente un’equipe pluridisciplinare a causa del carattere pluridimensionale della FM, ma essa può essere avviata in cure di primo soccorso in funzione della gravità dei sintomi. Essa permette anche di seguire l’evoluzione della FM.
Gravità della fibromialgia
La valutazione della gravità della FM è difficile a causa dell’aspetto pluridimensionale. Essa richiede degli strumenti allo stesso tempo specifici per la FM e sensibili al cambiamento, che, per la maggior parte, sono dei questionari autosomministrati che sono stati validati in letteratura per ognuno dei sintomi cardinali della FM (dolore, affaticamento, sonno), mentre il dolore può essere misurato mediante algometria in risposta alla pressione, in particolare sui siti definiti nel 1990.
Tra gli autoquestionari, il Fibromyalgia Impact Questionnaire (FIQ), nella sua versione iniziale o nella sua versione rivista, di cui esiste una versione francese validata , permette un approccio pluridimensionale alla gravità della FM. Esso è costituito da sottoscale che permettono la valutazione del dolore, dell’affaticamento, del sonno, dell’ansia, della depressione e della ripercussione sulle attività della vita quotidiana. Inoltre, permette un follow-up dei pazienti con FM in quanto è sensibile al cambiamento
Conseguenze sulla condizione fisica
Benché il FIQ permetta di valutare la ripercussione sulle attività della vita quotidiana, la sottoscala che la valuta specificamente non sembra essere un buon indicatore della ripercussione della FM sulle capacità funzionali allo sforzo. La difficoltà di realizzare degli sforzi muscolari è una lamentela frequente dei pazienti con FM, in quanto è all’origine di limitazioni nella vita familiare, sociale e professionale. Nella nostra esperienza, la realizzazione di una prova da sforzo a scopo cardiorespiratorio e metabolico è proposta ai pazienti che sono più inattivi e che sono sintomatici allo sforzo. Essa permette infatti:
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la misurazione diretta del consumo massimo (o picco) di ossigeno, che è un indice affidabile delle capacità funzionali allo sforzo;
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di evidenziare dei disadattamenti cardiorespiratori e metabolici allo sforzo (incompetenza cronotropa e iperventilazione inappropriata) che partecipano all’intolleranza allo sforzo;
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di escludere alcune patologie (respiratorie o del metabolismo muscolare);
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di porre l’indicazione di un programma di attività fisiche e di individualizzare la sua programmazione.
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Disturbi del sonno
La valutazione della qualità del sonno può essere realizzata al momento dell’intervista, aiutata da autoquestionari (per esempio, Pittsburg Sleep Quality Index), e le sue ripercussioni diurne possono essere valutate con la scala di sonnolenza di Epworth. Queste scale sono validate in lingua francese.
In funzione della gravità dei sintomi, una consulenza specializzata con un’eventuale registrazione polisonnografica permette:
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di valutare l’«igiene» del sonno;
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di quantificare le alterazioni macro- e microarchitetturali del sonno (efficacia del sonno, quantificazione del sonno lento profondo, numero di microrisvegli);
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di oggettivare una sindrome delle gambe senza riposo o una sindrome di apnee del sonno che possono essere associate e che richiedono una gestione specifica.
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Noi proponiamo sistematicamente una polisonnografia nei pazienti obesi o che hanno dei fattori di rischio cardiovascolare di cui si conosce l’associazione con la sindrome di apnee del sonno.
Comorbilità psichiatriche
La valutazione dei disturbi ansiosodepressivi è essenziale nella valutazione iniziale della FM. Essa può basarsi sulla compilazione di autoquestionari, per esempio il Beck Depression Inventory, la scala di depressione di Hamilton e la Hospital Anxiety and Depression Scale. Nelle forme più gravi o per le quali i tratti ansiosi o depressivi sono in primo piano, è necessario un consulto psichiatrico.
Riguardo agli elementi discognitivi (disturbi della memoria, dell’attenzione), pochi strumenti neuropsicologici sono stati utilizzati nella FM, ma possono essere utilizzate le scale pluridimensionali di valutazione dell’affaticamento.
Infine, alcune modalità cognitive ed emotive come il catastrofismo e anche il comportamento motorio di fronte al dolore possono essere valutati nella misura in cui partecipano al mantenimento o all’aggravamento dei sintomi dolorosi e possono essere presi in considerazione in accompagnamenti pluridisciplinari.
Accompagnamento terapeutico
Principi generali
La FM progredisce in modo cronico e sembra poco sensibile, in termini di remissione o di guarigione, alle diverse soluzioni terapeutiche proposte. L’obiettivo terapeutico consiste nell’accompagnare questi pazienti per migliorare la loro qualità di vita. I mezzi utilizzati devono permettere ai pazienti di essere in grado di ridurre al minimo gli effetti del dolore e dell’affaticamento e di evitare i comportamenti che aumentano questi sintomi. Le raccomandazioni attuali delle società scientifiche (europee e nordamericane), benché si basino su un basso livello di prova e benché la pertinenza clinica dei miglioramenti ottenuti negli studi terapeutici sia sempre oggetto di controversie, propongono un approccio pluridisciplinare con la partecipazione attiva dei pazienti. L’associazione di trattamenti farmacologici e non farmacologici del dolore e la gestione dei disturbi del sonno e delle comorbilità psichiatriche fanno parte dei principi di trattamento, benché questi non siano codificati. La gradazione nell’approccio terapeutico dipende dalla gravità delle ripercussioni della FM, ma anche dalle risorse locali di professionisti sanitari in grado di accogliere questi pazienti. Il ruolo del medico generico nella coordinazione delle cure dovrebbe essere essenziale.
Approccio «educativo»
Si tratta di raccomandazioni di esperti basate su alcuni studi controllati che hanno evidenziato degli effetti di questo tipo di intervento sulla qualità di vita e sui sintomi della FM. Un numero limitato di sessioni è proposto ai pazienti in un iter partecipativo. Delle dimostrazioni, dei supporti visivi e scritti e/o dei gruppi di discussione sulle rappresentazioni della malattia e sulla gestione dei sintomi fungono da supporto in un’ottica di educazione terapeutica. L’obiettivo è di rendere i pazienti in grado di affrontare i loro sintomi per migliorare le attività della vita quotidiana, professionale e sociale.
Terapie non farmacologiche
Diversi lavori randomizzati hanno mostrato che l’attività fisica, la balneoterapia così come le terapie cognitive e comportamentali avevano un effetto benefico sulla qualità di vita, sul dolore e sulla depressione. Il loro effetto è spesso moderato (effetto di dimensione<0,5), simile o anche superiore a quello dei trattamenti farmacologici, e sembra migliore quando sono associate più terapie.
Attività fisica (riallenamento)
L’interesse dell’attività fisica nella FM risale a più di 25 anni e i benefici su dolore, depressione e qualità di vita sono stati confermati da numerosi studi. Solo le attività a dominante aerobica di questi pazienti hanno un livello di prova elevato per il loro effetto benefico sui sintomi. Busch raccomanda la realizzazione di programmi di intensità moderata ma sufficiente in durata e in frequenza per determinare degli adattamenti cardiocircolatori e muscolari. I meccanismi attraverso i quali l’attività fisica provoca dei miglioramenti sui sintomi della FM non sono conosciuti, ma il miglioramento della condizione fisica è presumibilmente contributivo. In pratica, noi proponiamo un allenamento di 12 settimane in ragione di tre sedute settimanali di 45 minuti realizzate alla prima soglia lattica nei pazienti che hanno un decondizionamento o un’intolleranza allo sforzo. L’adesione dei pazienti è buona, permettendo di raggiungere l’obiettivo bersaglio per il 90% dei pazienti al termine del programma. Per quanto riguarda i pazienti senza decondizionamento, noi li esortiamo a mantenere o ad aumentare la loro attività fisica.
Terapie cognitive e comportamentali
Le terapie cognitive e comportamentali nella FM hanno l’obiettivo di attenuare le conseguenze sociali, emotive, cognitive e comportamentali indotte dal dolore e dagli altri sintomi. Il livello di prova dell’efficacia delle terapie cognitive e comportamentali sui sintomi è elevato.
Associazioni terapeutiche non farmacologiche
La maggior parte delle raccomandazioni delle società scientifiche o delle conclusioni delle rassegne sistematiche della letteratura spinge ad associare le terapie non farmacologiche. Sembra esistere un effetto sinergico tra i programmi educativi, le TCC e l’attività fisica e la balneoterapia sui sintomi della FM. Uno studio suggerisce di associare le TCC all’attività fisica e di individualizzare il programma in funzione dei comportamenti dei pazienti di fronte al dolore (evitamento o persistenza).
Altre terapie non farmacologiche. Medicine complementari e alternative
Esiste un livello di prova insufficiente per raccomandare in monoterapia il riallenamento in forza [88], l’agopuntura [93] e l’ipnoterapia guidata dalle immagini [94], in particolare a causa della qualità metodologica proposta. Questi trattamenti possono, tuttavia, essere utili e proposti in associazione con altri in alcuni pazienti [66, 86]. Le terapie che implicano la partecipazione attiva dei pazienti come il Tai Chi sembrano efficaci, ma sono necessari degli studi basati su campioni di pazienti più grandi [95]. Le posizioni delle diverse società scientifiche, anche se a volte divergenti, non raccomandano, soprattutto in monoterapia, l’omeopatia, il rilassamento, i massaggi e le terapie a base di micronutrienti (vitamine, oligoelementi) [86]. Degli studi suggeriscono che la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva abbia degli effetti sul dolore, ma con una scarsa permanenza. Essa potrebbe essere combinata ad altre terapie.
Trattamenti farmacologici
Benché numerosi studi abbiano mostrato con un buon livello di prova che alcune molecole avevano degli effetti sul dolore, il beneficio reso e la pertinenza clinica del loro utilizzo restano limitati. Il loro utilizzo, anche se raccomandato dalla maggior parte delle società scientifiche, non è scevro di effetti secondari e richiede, quindi, una valutazione preliminare del rapporto beneficio/rischio. Essa deve tenere conto del potenziale aggravamento, dell’affaticamento (gabapentin, antidepressivi), dei disturbi depressivi (cannabinoidi, oppioidi) o dei disturbi del sonno (cannabinoidi). Così, la loro prescrizione deve iniziare a basse dosi, verificando la loro tolleranza e l’efficacia sui sintomi. Peraltro, alcune specialità come gli inibitori del reuptake della noradrenalina e della serotonina non hanno autorizzazione all’immissione in commercio con l’indicazione FM in Francia.
L’utilizzo di molecole che hanno degli effetti sulla regolazione centrale del dolore sembra il più appropriato, anche se la loro efficacia clinica resta limitata nella FM. In una metanalisi recente, gli inibitori del reuptake della serotonina (e, in minor grado, la pregabalina) hanno mostrato un’efficacia sul dolore e sulla qualità di vita, ma con un effetto di dimensione inferiore rispetto a quello di terapie non farmacologiche (riallenamento e TCC). L’utilizzo degli antidepressivi triciclici ha un’efficacia superiore rispetto al placebo, in particolare sull’affaticamento e sui disturbi del sonno, ma il beneficio reso non appare clinicamente significativo. Essi possono essere prescritti (amitriptilina) quando sono presenti dei disturbi del sonno invalidanti.
L’utilizzo degli analgesici è consigliato per il tramadolo, evitando il sovradosaggio a causa del loro effetto agonista morfinico e considerando gli effetti agonisti serotoninergico e noradrenergico. Gli antinfiammatori non steroidei e gli antalgici a base di paracetamolo non sono raccomandati, ma possono essere utilizzati, in particolare quando esiste una patologia periferica associata che può contribuire ai dolori. Gli oppioidi forti e i glucocorticoidi sono sconsigliati. L’utilizzo dei cannabinoidi (quale che sia la loro modalità di somministrazione) è stato valutato nei dolori cronici. Esso potrebbe essere utile nella FM, anche se sono necessari degli studi più ampi e se sono stati registrati degli effetti negativi sul sonno con il nabilone. D’altra parte, esso pone il problema delle conseguenze psicosociali del consumo di canapa fumata in automedicazione.
Accompagnamento medicosociale e professionale
L’accompagnamento dei pazienti che soffrono deve avvenire globalmente e nella continuità. Rendere i pazienti capaci di avere una migliore funzione con dei dolori e un affaticamento così come migliorare le modalità di pensiero che aggravano questi sintomi sono degli obiettivi che occorre fissare e raggiungere in un primo tempo per i pazienti che hanno le forme più gravi e invalidanti. È il ruolo delle TCC, della pratica regolare dell’attività fisica e del miglioramento dell’igiene del sonno. Il mantenimento o la ripresa della capacità lavorativa è una sfida non solo socioeconomica, ma, soprattutto, per la qualità di vita di questi pazienti.
Tuttavia, alcuni pazienti ancora in grado di lavorare non arrivano a mantenere o a riprendere un’attività professionale. Le ragioni sono spesso molteplici (conflitti con il datore di lavoro, posto di lavoro non adeguato o adattato male, persona senza impiego, stato di salute) e richiedono spesso una riconversione professionale e/o un aggiustamento delle condizioni di lavoro (evitare il lavoro in postazione o con un carico fisico troppo importante), eventualmente associato a una richiesta di riconoscimento di disabilità lavorativa.
Conclusioni
La FM è una sindrome dolorosa cronica debilitante la cui diagnosi positiva si basa sull’associazione di un’astenia generale e di disturbi del sonno. La valutazione della sua ripercussione sulla funzione dei pazienti è la condizione preliminare a una gestione pluridisciplinare e plurimodale. Dal momento che non esiste alcun trattamento curativo dei sintomi, l’obiettivo è di portare il paziente a partecipare attivamente al miglioramento di questi sintomi e, da ultimo, della sua qualità di vita. Per arrivare a ciò, sono raccomandate soprattutto le terapie non farmacologiche (terapie cognitive e comportamentali, attività fisica ed educazione), eventualmente associate ai trattamenti antidepressivi a scopo antalgico. In assenza di raccomandazioni più precise, le modalità della loro attuazione così come la gestione delle comorbilità psichiatriche e dei disturbi del sonno dipendono dalla gravità delle ripercussioni della FM.
M. Guinot, A. Dumolard, C. Maindet. Fibromialgia: fisiopatologia e supporto terapeutico. EMC – Medicina Riabilitativa 2023:1-12 [Article 26-190-A-10]